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LEGGE 194 Vengono prima le donne o prima gli obiettori di coscienza? scritto per INFORMARE aprile 20


Il 26 ottobre 2015 il Ministero della Salute ha pubblicato la Relazione sulla attuazione della legge 194/78 che stabilisce le norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). In essa vengono illustrati i dati definitivi dell’anno 2013 e quelli preliminari per l’anno 2014. Il ministro Lorenzin, con toni rassicuranti, fornisce dati che evidenziano un progressivo miglioramento tanto nella assistenza sanitaria, quanto nella incidenza del fenomeno abortivo. Dal 1982 ad oggi, difatti, si registra un andamento decrescente delle IVG pari al 71%, con un aumento dell’incidenza delle straniere che dal 1995 al 2014 è salito dal 7% al 39%. Il numero degli aborti clandestini appare stabilizzato, mentre i tempi di attesa per l’IVG sono in diminuzione e il 90.8% delle interruzioni di gravidanza è effettuato nella regione di residenza. Il numero di strutture nazionali con reparto di ginecologia è pari a 632, mentre il numero di quelle che effettuano le IVG è pari a 379, equivalenti dunque al 60% del totale. I dati 2013 evidenziano pure una certa stabilità del carico di lavoro settimanale per i medici non obiettori: su 44 settimane lavorative nell’anno, il numero di IVG settimanali va dalle 0.5 della Sardegna alle 4.7 del Molise, con una media nazionale di 1.6 IVG a settimana. Persino nelle regioni considerate ‘fuori media’ non superano mai le 10 IVG a settimana. Insomma, pare che la Lorenzin non evidenzi particolari criticità e che le donne in Italia siano adeguatamente assistite e tutelate. Passiamo ora ai fatti. Se le IVG sono in calo, risultano in crescita gli aborti spontanei, che dal 1993 sono aumentati del 40%. Naturalmente la relazione non prevede che questo innaturale fenomeno dipenda anche dai tentativi di aborti clandestini nelle proprie case. Oggi attraverso Internet è possibile acquistare in totale anonimato sia la Ru486 che il Cytotec, un farmaco per l’ulcera gastrica che, inserito in profondità in vagina, causa forti contrazioni uterine. Il 95% delle donne completa l’aborto in solitudine, ma altre sono costrette al ricovero a cause di complicanze, prima tra tutte emorragie, e il caso viene registrato come aborto spontaneo. In un paese dove è riconosciuto il diritto alla applicazione della 194, al di là di condizioni non previste per legge, perché gli aborti clandestini sono ancora tanto elevati? Il Ministero ne conta 15.000, ma le associazioni dei medici sostengono che sia un dato assolutamente sottostimato. Il numero dei ginecologi e degli anestesisti obiettori di coscienza nel corso degli anni è aumentato in maniera esponenziale. Si contano 2 obiettori su 3 ginecologi, per il 70% del numero totale, con percentuali più elevate al sud: 93.3% in Molise, 92.9% nella PA di Bolzano, 90.2% in Basilicata, 87.6% in Sicilia, 86.1% in Puglia, 81.8% in Campania, 80.7% nel Lazio e in Abruzzo. Anche per gli anestesisti si osservano valori più elevati al sud, con un massimo di 79.2% in Sicilia, 77.2% in Calabria, 76.7% in Molise e 71.6% nel Lazio. Cosa accade? C’entra realmente l’etica nella scelta dell’obiezione di coscienza? E perché alcuni medici obiettori praticano privatamente aborti? Di fatto chi coerentemente e deontologicamente sceglie la strada della ‘non obiezione’ è relegato ad un’attività quasi unicamente abortista, è ghettizzato dai colleghi, persino mobbizzato, con turni insostenibili e una carriera mozzata. Ciò antepone la scelta del medico, che si tutela a vantaggio di interessi personali, al diritto della paziente, vittima di abusi e pressioni psicologiche. Voglio ricordare il caso emblematico di Laura Fiore, all’epoca 39enne, che al II Policlinico di Napoli ha vissuto un caso traumatizzante di IVG. E’ il 6 giugno 2008 e Laura, dopo aver scoperto che la bimba nel suo grembo è affetta da sindrome di Down, al quinto mese di gravidanza decide di ricorrere ad un aborto terapeutico, che prevede l’espulsione del feto dopo regolare travaglio indotto farmacologicamente. E’ abbandonata su un lettino in sala travaglio e al cambio del turno i medici obiettori, subentrati nel fine settimana, le praticano una dilatazione digitale dell’utero, lasciandola sola per ore. Quando Laura espelle il feto si rende conto che la bimba è ancora in vita. Nonostante non vi fossero possibilità di salvezza, i medici obiettori decidono per la rianimazione, facendo sopravvivere il feto per altri 4 giorni e inducendo i genitori, con colpevolizzanti pressioni, al riconoscimento e alla sepoltura. Laura ha dovuto sottoporsi a 3 anni di psicanalisi e ha scritto la sua storia nel libro ‘Abortire tra gli obiettori’. Sembra impossibile, eppure una legge approvata il 22 maggio 1978 ancora provoca drammi e mancata applicazione, degenerando in facoltà di giudizio e presunzione di scelta per conto terzi. Occorre non smettere di parlarne, perché nei fatti il diritto decantato non è rispettato e perché questi signori che si definiscono impropriamente ‘medici’ dovrebbero esercitare professioni diverse, magari quelle di predicatori. Per quanto spiacevolmente e indubbiamente meno redditizie. Barbara Giardiello


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