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GIU’ LE MANI DA SAN GENNARO. E DAL SUO TESORO

La ‘Eccellentissima Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro’ nasce nel 1601 su decisione degli Eletti dei Sedili (le odierne municipalità) della città, al fine di sovrintendere la costruzione della nuova Cappella del Tesoro, amministrarne i beni provenienti da doni e offerte e proteggere le sacre reliquie, mantenendo vivo il culto del Santo. Viene posta sotto la giurisdizione diretta del pontefice che la riconobbe ente laicale, autonoma dalla Curia di Napoli e con diritto di patronato sulla Cappella. Sin dal 1646 riceve dal governo della città (e poi dal Comune di Napoli) un assegno annuo (oggi circa 70.000 euro) per il mantenimento della Cappella, che ha sempre gestito in piena autonomia. Dal 1861 i Deputati sono dodici: dieci provenienti da famiglie nobili e due dal popolo. Dal 1811 la Deputazione è posta sotto la presidenza nominale del Sindaco cittadino ‘pro tempore’ e dal 1946 il Presidente della Repubblica è incaricato di approvare le nomine dei Deputati. La gestione delle sacre reliquie e l’opera di culto sono sempre state segnate da grandi tensioni politiche tra città e Chiesa. Si tratta di un braccio di ferro che nasce sin dagli albori, in una combutta per i diritti sulla Cappella e sul Tesoro, tanto simbolici quanto economici. Il Tesoro di San Gennaro ha un valore inestimabile, superiore a qualsiasi altro prezioso tesoro al mondo, come quello dello Zar di Russia o della Regina di Inghilterra. Giusto per citare alcuni degli unici e irripetibili gioielli che lo compongono, ricordo La Collana di San Gennaro, donata dai Borbone, con tredici grosse maglie in oro massiccio alle quali sono appese croci tempestate di zaffiri e smeraldi; il Calice d’oro del 1761, realizzato da Michele Lofrano e tempestato di rubini, smeraldi e brillanti; la Mitrad’argento dorato, risalente al 1713, con oltre 3.700 smeraldi, rubini e brillanti; la Pisside (calice con coperchio per conservare le ostie), opera del famoso orafo Domenico Ascione, in argento dorato costellata di cammei e decorazioni in malachite; il Manto di San Gennaro, integralmente coperto di pietre preziose e di smalti raffiguranti le insegne araldiche del casato. Su pressione della Curia e del cardinale Crescenzio Sepe, spunta oggi un decreto del ministro Angelino Alfano che annulla secoli di storia, trasformando la Deputazione in Fabbriceria. Sottrae in sintesi arbitrariamente la laicità all’organo collegiale preposto e legittimato da ben due bolle papali, la prima di Papa Paolo V, del 1605, la seconda di Papa Pio XI, del 1927. Questi documenti confermano il diritto di patronato della città di Napoli sui beni e sulla Cappella. La Fabbriceria, invece, è un ente costituito da laici e da ecclesiastici, cui è affidata l’amministrazione di beni mobili e immobili appartenenti a una chiesa, e destinati alla conservazione degli edifici sacri e alle spese di culto. Secondo le nuove disposizioni, difatti, ai discendenti delle famiglie nobili si affiancherebbero 4 membri di nomina della curia, cioè del cardinale Sepe, annullando di fatto l’autonomia dall’arcidiocesi partenopea. Innumerevoli le reazioni, da petizioni on line ad appelli a Papa Francesco, fino all’approdo in Parlamento di due interrogazioni rivolte ad Alfano e a Renzi, firmate da Anna Maria Carloni del Pd, moglie di Bassolino, e dai parlamentari campani del Movimento 5 Stelle. Intanto oggi alle ore 15.00, da un’iniziativa partita su fb (Giù le mani da San Gennaro – Mobilitazione in difesa della nostra identità), si terrà una mobilitazione cittadina che partirà dal Piazzale del Duomo per procedere in Cattedrale.

Il Tesoro di San Gennaro espone al pubblico solo il 10% della sua magnificenza e in questo decreto illegittimo sul profilo amministrativo e storico non nego di temere un duplice ‘scippo’, un tacito accordo tra potere ecclesiastico e potere politico di ragionato sopruso della nostra storia e della nostra identità, in una congegnata spartizione di ricchezze nell’ennesima ruberia ai danni del popolo napoletano.

Barbara Giardiello


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