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Reyhaneh Jabbari è stata impiccata


Reyhaneh Jabbari aveva 26 anni. E’ stata impiccata a mezzanotte di ieri nella prigione di Teheran.

La notizia è stata confermata dalla madre, Sholeh Pakravan, secondo quanto riferito dalla Bbc. Erano presenti i genitori ed il figlio della vittima che, secondo la testimonianza dei familiari, avrebbe materialmente effettuato l’esecuzione, togliendo lo sgabello da sotto i piedi di Reyhaneh. Condannata per l’omicidio di Morteza Abdolali Sarbandi, un ex dipendente del ministero dell’Intelligence, Reyhaneh era stata arrestata nel 2007, all’età di 19 anni, dopo aver ammesso di aver accoltellato alle spalle l’uomo che aveva tentato di stuprarla. Dopo il suo arresto, era stata messa in isolamento per 2 mesi durante i quali non aveva avuto accesso alla sua famiglia e, ancor più drammaticamente, ad un avvocato. Il tribunale non tenne conto della sua testimonianza e, con un processo che Amnesty International dichiara viziato da irregolarità, l’ha condannata a morte nel 2009. Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettore di Amnesty International per il Medio Oriente ed il Nord Africa, ha dichiarato: ‘Questa è un'altra macchia sanguinosa dei diritti umani in Iran’. Solo il perdono della famiglia della vittima avrebbe potuto salvarla, ma poiché la giovane Reyhaneh non ha mai ritratto il tentativo di aggressione sessuale, come richiesto dal figlio dell’uomo ucciso, la sua sorte è stata segnata irrimediabilmente. Molte le petizioni e le campagne avviate sui social network nel tentativo di fermare l’esecuzione, più volte rinviata (l’ultimo rinvio il 30 settembre). Purtroppo l’illusorio atto di clemenza è stato brutalmente frantumato ieri. Molti anche gli appelli della madre, che ha visto ed abbracciato la propria giovane figlia, rea d’essersi difesa, per una sola ora venerdì, per l’ultima volta. Il Dipartimento di Stato degli US (US State Department) e il British Foreign Office hanno condannato l’esecuzione. Il ministro degli Esteri britannico, Tobias Ellwood MP, ha invitato l’Iran ad abolire definitivamente l’uso della pena di morte. Secondo una stima delle Nazioni Unite, le esecuzioni del 2014 in Iran sarebbero ad oggi 250. Alla luce di questo delitto, vi invito a focalizzare l’attenzione non solo sulla applicazione della pena di morte, ma sull’uso strumentale della donna che in molti paesi, spesso islamici, ne annienta valore umano, identità, dignità. Nell’assenza totale di riconoscimento dei diritti alle donne, non credo basteranno battaglie e contestazioni. Forse solo bombe distruttive contro un mondo di uomini (più propriamente bipedi non pensanti) insicuri e vacillanti, bestiali ed incivili che temono confronti e detronizzazione. Che il loro dio, qualsiasi sia il loro dio, li fulmini.

Barbara Giardiello


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